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L’Addio Negato

Veronica Misticoni

Tutto ciò che devi combattere

devi anche portarlo in te,

accoglierlo nel tuo cuore e lì dentro vincerlo.

M. Luzi

Abbiamo seguito questa guerra assordante, silenziosa da lontano per molte settimane. L’abbiamo vista arrivare in maniera altrettanto silenziosa ma potente come una valanga, stravolgendo la vita di ognuno. In breve ci siamo trovati catapultati in una nuova realtà, isolati nelle nostre case, spesso anche dai nostri affetti, costringendoci a vivere costantemente con un senso di angoscia profondo e soffocante, preoccupandoci per la salute nostra e dei nostri cari.

Al nostro linguaggio comune si sono aggiunte nuove terminologie, che adesso hanno acquisito un significato più concreto: infezione, virus, tamponi, respiratori, rianimazione, contagio.

In questo tempo sospeso, costantemente in attesa di qualcosa di non conosciuto, terrifico, torniamo inevitabilmente in contatto con le nostre angosce più profonde che mostrano la caducità del nostro essere umani; ogni giorno veniamo privati di qualcosa o di qualcuno.

Sappiamo quello che potrebbe accadere se venissimo contagiati o se uno dei nostri cari lo fosse, le immagini che vediamo in TV ce lo mostrano costantemente, aumentando ancora di più lo stato di allerta, il timore, la paura; decine di bare anonime una di fianco all’altra, una breve preghiera, la sepoltura. Nessuno può stare vicino ai propri cari in ospedale, nessuno può toccare, baciare, accarezzare, dire addio.

In condizioni normali il lutto è di per se un evento catastrofico che determina la fine reale ed irreversibile di un legame affettivo, “la reazione alla perdita di una persona amata […] che verrà superata dopo un certo periodo di tempo” (Freud, Lutto e Melanconia); la ritualità che ne segue rappresenta l’estremo saluto, l’addio alla persona cara, circondati dall’affetto di persone vicine e lontane che mostrano il proprio cordoglio per la perdita.

Una delle più gravi tragedie che si sta vivendo in questo periodo di sospensione è che anche al lutto viene imposto di fermarsi. Sono bloccati i riti funebri, non possono
esserci contatti di cordoglio, tutto si risolve in un breve saluto e nel viaggio verso il cimitero, possono essere presenti al massimo tre persone. I familiari che si trovano nella condizione di vivere tutto questo, si ritrovano immersi
in un dolore assordante a cui non si può dare un nome, l’addio viene negato.

Molti scritti eruditi hanno parlato negli anni della morte, del lutto; grazie ad essi sappiamo che bisogna attraversare delle fasi prima di poter tornare alla normalità, ma non si può tornare più quelli di prima. In questo stato di emergenza la situazione viene esacerbata, Isca S. Wittemberg scrive che “partecipare all’organizzazione del funerale e allo stesso, conferma la realtà della scomparsa, ma almeno possiamo fare qualcosa che onorerà la persona che non c’è più”; l’esperienza del lutto è un’esperienza intima, ognuno vive e manifesta il proprio dolore in maniera diversa.

In questi giorni sono rimasta colpita dalla perdita di un caro amico di famiglia, una di quelle persone che sono state sempre presenti nella mia infanzia; la morte non ha avuto
a che fare con questo Coronavirus, ma purtroppo le modalità del rito funebre non possono essere modificate. Il mio pensiero è andato subito alla moglie anziana, sola in
casa con il marito morto, in attesa che qualcuno venisse a recuperarlo, i contatti con i parenti e amici più stretti sono avvenuti telefonicamente, freddamente, quello che in
altri tempi si sarebbe potuto esprimere con il contatto umano avviene attraverso il telefono, con tanti silenzi, perché il dolore non ha sempre parole da dire, ma in casi
come questo si può trasformare in frustrazione e rabbia, ma indirizzate a chi o cosa? 

Mi interrogo molto su dove andranno a finire tutti questi sentimenti che adesso, durante l’emergenza, non trovano collocazione, ma che successivamente dovremo pur
indirizzare da qualche parte, dovremo trovar loro un canale di espressione.

Dott.ssa Rossana Totaro

Psicologa Psicoterapeuta in formazione Psicoanalitica
per l’Infanzia, l’Adolescenza e la Famiglia (AIPPI)

Opera a cura della Maestra d’Arte Veronica Misticoni, “Costruiscimi un pianeta